Parkinson, il Cesi scopre un nuovo farmaco
Un farmaco per fermare i movimenti involontari nel Parkinson e uno per rallentare il decorso della malattia. Nuove frontiere in sperimentazione nel Centro di ricerca del Cesi, polo di scienze dell’invecchiamento della Fondazione «Gabriele d’Annunzio». «In questo Clinical research Center», dice Marco Onofrj, ordinario di neurologia presso l’università «Gabriele d’Annunzio» di Chieti, «abbiamo valutato tutte le molecole lanciate sul mercato negli ultimi anni, così come stiamo considerando quelle che usciranno a breve e che stanno già dando ottimi risultati nel controllo della malattia di Parkinson». Dopo la partecipazione di studiosi locali a un lavoro internazionale sui meccanismi del cancro alla prostata, emergono altri punti di eccellenza nella ricerca scientifica locale, non di base questa volta, ma applicata, ossia più vicina allo sviluppo di terapie mirate sui pazienti.
La linea diretta tra ricerca e corsia dell’ospedale è da diverso tempo una realtà a Chieti. Il laboratorio dove si stanno sperimentando questi nuovi farmaci su patologie neurologiche è, a esempio, strettamente collegato al Centro per la cura dei disturbi del movimento della clinica neurologica dell’ospedale clinicizzato, polo di riferimento per circa 1000 pazienti l’anno, provenienti da tutto l’Abruzzo ma anche dalle altre regioni limitrofe. «Ci sono pazienti, circa sessanta-settanta l’anno, che accettano di sottoporsi alle terapie innovative, controllate ovviamente dal ministero della salute, in sperimentazione nel nostro centro di ricerca», continua il professor Onofrj, «dove esiste un’unità di medicina comportamentale, in cui vengono sviluppati nuovi protocolli per la sperimentazione clinica». Nuovi farmaci o anche l’innovazione di alcuni che sono già in commercio, come uno, in particolare, utilizzato molto negli ultimi anni, che verrà immesso sul mercato in compresse a rilascio prolungato a somministrazione unica giornaliera. «Questa formulazione», aggiunge il docente universitario, «dovrebbe ottimizzare il funzionamento del farmaco. Ne saranno avvantaggiati, tra gli altri, i pazienti che hanno un quadro clinico piuttosto complesso, che devono assumere farmaci diversi per gestire i sintomi della malattia e di altre patologie concomitanti. La possibilità di ridurre il numero di compresse da assumere, senza dover rinunciare all’efficacia della terapia, dovrebbe aiutarli a curarsi più volentieri e meglio». Novità dunque importanti per questa patologia, che in Abruzzo, come nel resto del mondo, colpisce tra l’1 e il 2 per cento della popolazione con età superiore ai 65 anni. Negli ultimi dieci anni le indagini genetiche hanno permesso, poi, di individuare alterazioni del Dna legate all’esordio giovanile del Parkinson.
In Abruzzo attualmente questa malattia viene curata meglio rispetto ad alcuni anni fa. «Il merito si deve al fatto di aver formato una nuova generazione di sanitari», conclude il professor Marco Onofrj, impegnata da circa venticinque anni nella cura del morbo di Parkinson in Abruzzo, «in grado di riconoscere l’esordio della malattia fin dagli stadi sintomatologici più precoci».
12 OTTOBRE 2010 – QUOTIDIANO IL CENTRO
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